Undici e cinquantatré, dice il
biglietto che ha fatto mia madre. Saranno state le undici meno venti,
ero ancora a casa, Sbrigati mi fa mia madre, e poi Di sicuro lo perdi
il treno stavolta, è inutile anche che ci andiamo in stazione, mio
padre, che è entrato mentre mettevo il computer nella valigia e
avevo addosso soltanto i jeans. Mi chiedo come possa essere così
rassegnato uno che a vent'anni leggeva Lotta Continua. Mia madre mi
saluta dal garage quando usciamo. In macchina non parliamo molto, la
radio è accesa, al GR2 dicono che Holland è il nuovo presidente
francese, io penso Ecco che ora comincerà a menarmela con la storia
che devo studiare, che è rimasto meno di un mese prima degli esami,
e invece mio padre non dice niente, solo Pensavo avrebbe vinto
un'altra volta Sarkozy, perché in tempi di crisi la gente tende a
chiudersi anche ideologicamente, a votare la destra. In Grecia hanno
votato un sacco il partito neonazista, dice ancora, che tempi brutti
che viviamo. Io dico sì sì e intanto penso che dovrei studiare,
appena torno su, ché mancano meno di venti giorni all'esame di
microeconomia e mi sale quest'ansia sottilissima in fronte.
Parcheggiamo, tiriamo fuori le valigie
dal portabagagli, mio padre mi racconta di quando tornava
all'università e mia nonna, sua madre cioè, gli riempiva le valigie
di roba da mangiare, e ancora non c'erano i trolley e lui
s'incazzava, ché doveva fare tre o quattro viaggi per salire una
alla volta quelle valigie pesantissime che portava sotto le braccia,
sollevandole, e non gliel'avevano mai rubate, anche se le lasciava
nella tromba delle scale del suo palazzo e stava al quarto piano, e
poi ride. Rido anch'io perché me lo immagino proprio, con i capelli
lunghi e tutte quelle valigie e i pacchi incartati e legati con lo
spago.
Anche se non dovevamo farcela, sono le
undici e mezza, invece. La stazione è silenziosa, c'è così poca
gente che sembra che si conoscano tutti per nome. Carrozza 5, dice il
biglietto, vado alla Carrozza 5, porto subito su le valigie, Mettila
coricata, dice mio padre, sennò così cade, e allora la metto
coricata, poi la tiro di nuovo su perché mi sembra occupi meno
spazio nel vano, Mettila coricata, dice un'altra volta mio padre,
allora la metto un'altra volta coricata e la lascio così. Posto 41
dice il biglietto, allora vado al posto 41, con finestrino perché
mia madre chiede sempre il posto con finestrino. Metto il borsone
nella cappelliera, lascio la tracolla sul sedile, scendo dal treno.
Mio padre è sulla banchina, davanti
alla porta della carrozza. Parliamo di Monti, Monti, dice mio padre,
tutti lo criticano, intanto l'Italia non è fallita, il sistema delle
banche è un sistema mondiale che controlla tutto, non è facile
spezzarlo per sistemare la situazione in Italia, dice, e dice anche
che forse invece che tutti questi economisti servirebbe qualcuno che
ragiona semplicemente come un buon padre di famiglia, tipo quel Bondi
che quando la Parmalat era fallita è riuscito a risistemarla un po',
e alla fine non era mica un economista, era laureato in chimica. Io
dico sì sì e penso che a Lecce potrebbero chiudere le porte del
treno senza avvisare e farlo partire con la mia valigia coricata
dentro, il borsone e la tracolla con le cuffie che ho rubato a mia
sorella perché le mie si sono rotte. Parliamo un altro po' di
Holland. Mi chiedo come possa pensare certe cose uno che votava i
Marxisti-Leninisti, a vent'anni. Mi dà due baci sulle guance, mi
dice Chiama la mamma quando arrivi a Roma, salgo sul treno, mi siedo
al posto 41, con finestrino. Resto dieci minuti a guardare mio padre
che guarda il treno dalla banchina, più avanti c'è una famiglia di
gente un po' così, di quella gente che fa delle grandi lacrimate
anche se uno sta andando all'università, sono tipo quattro o cinque
persone, mettono le mani su un finestrino un po' più avanti, parlano
così forte che li sento da qua. Partiamo, mio padre sta un po' più
indietro, mi fa ciao ciao con la mano, la stazione scompare. Metto le
cuffie, metto le cuffie con i Gazebo Penguins.
Ho perso il tram delle sei.
Ho perso il tram delle sei.
Ho perso il tram delle sei.
Ho perso il tram delle sei.
Con i soldi della spesa
Comprerò un po' di fortuna
Non credo che tornerò.
Non credo che tornerò.
Non credo che tornerò.
Non credo che tornerò.
Penso che ho perso di vista il rap, che
non ho idee buone per dei pezzi, che non mi vengono dei bei giochi di
parole per farci un testo che valga la pena registrare. Ho messo il
rap fuori fuoco, ho messo lo studio fuori fuoco, scrivere scrivo
pochissimo, però leggo molto di più. Sono uno che fa le cose una
alla volta, io, quando studio divento una specie di capra, riesco a
parlare solo delle cose che sto studiando, il resto zero, i libri,
Holland, fare il cretino con qualcuna. Poi mi metto ad ascoltare il
rap e in tre mesi scrivo quattro pezzi, due anche molto belli, e non
leggo più niente, sto dei giorni ad ascoltare beats di Dj Premier.
Dal finestrino vedo una specie di fabbrica con le pareti blu, forse
metalmeccanica, su un lato c'è scritto “Stab 2” e ci metto un
po' a capire che sta per “Stabilimento”, perché istintivamente
il mio cervello associa questa scritta di plastica gialla al verbo
inglese “to stab”, pugnalare. Voi l'avete un po' pugnalato,
questo posto, non morto, però ferito sì, che si trascina.
Mi addormento.
Mi sveglio, ho il libro di Paolo Nori
sul tavolino finto legno, c'è una ragazza davanti a me che anche lei
ha lasciato un libro sul tavolino finto legno. Quando sono arrivato
al mio posto 41 avevo trovato solo il libro, un libro grande, di
quelli che gli amici li vedono e dicono Ma come fai a leggere libri
così grandi, Eh, rispondi tu, mi piace leggere, e poi invece lo
lasci a metà. La ragazza mangia un panino, allora mangio anch'io un
panino perché sono quasi le 2, uno dei panini enormi che mi ha fatto
mia madre prima di partire, nel vagone mangiano tutti, anche la
signora tedesca che sta affianco a me e mi guarda male perché con la
carta stagnola faccio rumore, però poi lei parla con una che sta
seduta dall'altra parte del corridoio in tedesco ad alta voce, con
contegno davvero molto poco tedesco e ride come per dire Menomale che
questi stronzi non capiscono niente di quello che diciamo, amica mia.
Prosciutto cotto e certosa, lo mangio tutto senza bere perché ho un
po' d'acidità di stomaco, in questi giorni ho mangiato un sacco, mia
madre ha cucinato per un reggimento e ho dovuto mangiare tutto io,
per fortuna che cucina benissimo e ha la scusa di dire che sono
sempre magro Saranno tutte quelle sigarette che fumi, ma non ti rendi
conto che ormai non fuma più nessuno?
È fatta così mia madre, una che ti
prepara spaghetti alle alici e budino di cioccolato e poi prenota il
posto 41 con finestrino, nella Carrozza 5. Leggo un po', mi
riaddormento.
Mi sveglia una voce maschile,
registrata, dice Chi sceglie Trenitalia sceglie di viaggiare con
comodità, e allora mi ricordo che sono almeno tre ore che non muovo
le ginocchia, perché non vorrei che la ragazza seduta davanti, che
ora legge il libro, pensasse che le stia facendo piedino. Muovo un
po' le ginocchia, sento anche una specie di puntura lombare che
galleggia nell'acidità di stomaco Comodità un cazzo, vorrei dire,
però penso che secondo me quello che registra i messaggi in
filodiffusione sui Frecciarossa è uno che dopo che l'hanno pagato, a
casa guarda il figlio piccolo negli occhi e dice Mi dispiace, dice
proprio così, Mi dispiace, e il figlio rimane con una macchinina in
mano e lo guarda zitto, poi lui va in camera e si stende un po'.
Preferirei non dover mai registrare messaggi in filodiffusione sui
Frecciarossa o Frecciargento o Treno Notturno con Vagone Ristorante.
Mi riaddormento, spero di non vomitare sul treno sul tavolino finto
legno.
Mi sveglio un po' disordinatamente, il
treno si ferma, la signora tedesca scende con l'amica e salgono delle
altre persone, una ragazza bionda alta con il fisico di quelle che
fanno fitness da almeno cinque anni, che si siede al posto della
signora tedesca di fianco a me, posto 40, corridoio. Io faccio finta
di leggere, ma sto per finire il libro e finire un libro su un treno
Lecce-Roma Termini delle undici e cinquantatré non è cosa da fare
assolutamente, quindi guardo questa ragazza che tira fuori un Mac
Book dalla borsa, lo poggia e lo accende e non ho mai visto un Mac
Book accendersi, vedo solo gente con Mac Book che preme un tasto e
quello zam, salta su immediatamente come per dire Son pronto,
Signore, lo vede come son più veloce di tutti quegli altri computer
da pezzenti, dice e io penso Ma vaffanculo te e chi ti usa.
Toglie un cd dal Mac, mette il dvd di
Bianca, Nanni Moretti e io penso Ma guarda un po', perché Nanni
Moretti non l'ho mai guardato troppo, mi sembra una persona un po'
sopravvalutata, però sbircio lo stesso. Lei guarda il film da un
punto verso la fine, con le cuffie, io guardo Nanni Moretti che muove
la bocca e fa fare degli esercizi di ginnastica a certi ragazzini,
poi leggo davvero.
Dopo un po' sbircio di nuovo, il film è
finito, lei mette a posto il dvd nella custodia e il cd nel computer,
apre una cartella di documenti, apre anche i documenti, li scorre
rapidamente, certi sembrano email, certi racconti e riesco pure a
vedere qualche titolo tipo Mare o Luna di Notte e sono dei titoli
così brutti che vorrei riprendere a leggere il libro di Paolo Nori,
invece vedo addirittura che in uno di questi racconti ha scritto due
volte l'aggettivo Folle, così “folle folle” e sembra una canzone
di Mina. Chiude i documenti, apre iTunes senza mettere su la musica,
anzi le cuffie le toglie proprio, apre anche la cartella Immagini,
poi un Nuovo File di Scrittura.
Come fai a scrivere in una pagina
ridotta a quadratino di pochi centimetri sul lato dello schermo? Come
cazzo fai, dall'altra parte vedi iTunes, le tue immagini, lo sfondo
del desktop con la tua foto mentre sbuffi fumo del narghilé al sole.
Come cazzo fai a scrivere? Scrivere è come andare al cesso. Poi
parlo io che ultimamente mi appunto le cose sul cellulare, pensa te,
ma quando scrivo ho ben la decenza di spegnerlo poi il cellulare, di
scrivere a casa, con la pagina bianca tutta aperta davanti, come se
fosse vera, aperta come una giustificazione. Si spreca meno tempo,
meno carta, si fa più veloce con le correzioni, e tutto 'sto tempo
che risparmio, poi, cosa ne faccio? Mai stato bravo ad amministrare
grandi capitali temporali. E tutto quest'astio immotivato poi, magari
è una che scrive benissimo, sta andando a Roma a ricevere un premio,
rimanici tu, che ormai quando scrivi non ascolti più niente, nemmeno
i consigli, ma comunque quell'icona, quell'icona vorrei chiudergliela
e dirle Impara a scrivere, piuttosto, vorrei dirle proprio così.
Arrivo previsto, diciassette e venti,
mi rollo una sigaretta, la metto in un angolo della bocca, metto a
posto il libro di Paolo Nori, richiudo il mio lato del tavolino finto
legno, comincio a vedere dei vagoni fermi ai lati del treno, la
Carrozza 5 anche si ferma. La ragazza di un mio amico una volta
scrisse su Facebook che un uomo si era buttato sui binari del treno
che lei aveva preso per tornare a casa da Torino, e quindi il viaggio
aveva raggiunto un ritardo di qualcosa come quattro ore. Un'altra
volta un signore seduto di fronte a me aveva chiamato tutto incazzato
qualcuno al cellulare per dirgli che il treno faceva cinque minuti di
ritardo Lo sai come sono questi delle Ferrovie dello Stato, però poi
quando era arrivato il controllore lui non era seduto nemmeno al suo
posto e si era dovuto spostare. Io invece ho avuto sempre fortuna, e
se il treno faceva anche mezz'ora di ritardo me ne son sempre
fregato, e comunque diciassette e venti, scendo dal treno, a Termini
c'è della gente che dorme sulla banchina, che ne sa che siamo qui in
perfetto orario.
In Italia però non ho mai sentito
nessuno dire Puntuale come un treno, chissà perché.